giovedì 11 dicembre 2014

Mujica se ne va, il saluto del presidente che ha stupito il mondo

Dal 1° dicembre 2014 Pepe Mujica non è più il presidente dell’Uruguay lasciando il posto dopo due mandati a Tabaré Vazquez. L’ex tupamaro che ha fatto voto di sobrietà lascia dietro di sé una importante eredità ma anche problemi ancora da risolvere.

«Dieci anni di vittorie», così Pepe Mujica ha definito i suoi due turni da presidente dell’Uruguay, prima di lasciare definitivamente il governo del paese al successore uscito dalle urne domenica.
Tabaré Vazquez ha stravinto, era già stato presidente prima di Mujica. ll voto in Uruguay è obbligatorio per i 2,6 milioni di elettori (su 3,3 milioni di abitanti) che dopo aver confermato nel primo turno la maggioranza parlamentare alla coalizione di sinistra, sono tornati al voto nel ballottaggio presidenziale scegliendo Vazquez.
Lascia la scena, dunque, un personaggio che ha veramente stupito il mondo e che moltissimi ricorderanno per il discorso fatto davanti all’Onu con cui ha condannato lo scempio che si sta facendo del pianeta.
In questi dieci anni si è guadagnato una formidabile popolarità personale e ha ascoltato le esigenze del paese e le differenti anime del Parlamento, compiendo passi in avanti notevoli. «Le leggi di questo periodo che si commentano nel mondo, quella sull’aborto, sul matrimonio omosessuale e sulla marijuana, sono state approvate con i soli voti del suo partito, altrimenti non sarebbero mai passate» spiega Rosario Touriño del settimanale uruguyano La Brecha.
Ex guerrigliero Tupamaro, Mujica era espressione di una sua lista personale, il Movimiento di Participacion Popular, che ha radici marxiste-leniniste e rivoluzionarie, anche se nel momento di entrare in politica ha incorporato personalità dei partiti tradizionali, soprattutto piccoli imprenditori rurali del Partido Nacional, dal quale lo stesso Mujica proviene e che già avevano partecipato al movimento Tupamaro. Il partito Frente Amplio appare infatti come un’alleanza di centrosinistra, malgrado le destre per anni abbiano tentato di farlo passare comespauracchio “socialista”. Negli anni di governo la redistribuzione della ricchezza è migliorata, anche se, dice Rosario, «si può fare di più». E se a Mujica soprattutto la sinistra ha rimproverato di essere caotico e di non avere realizzato cose annunciate, è però vero che è risultato aperto alle proposte del parlamento. Ora ci si attende che Vazquez estenda il fondo per le cooperative e le imprese di economia sociale e che mantenga l’università tecnologica che Mujica ha fondato.
«La differenza più grande fra i due è che Mujica crede molto di più nel Mercosur, avendo una formazione Tupamaro, credendo nel concetto di “patria grande” latinoamericana che era alla base della loro lotta, quando le guerriglie del continente si coordinavano – spiega Rosario - Molta gente è convinta che con Vazquez l’attenzione verso il Mercosur invece decrescerà, poiché sembra preferire il modello cileno, cioè fare affari con il Mercosur senza integrarlo politicamente, con un’ottica più globale e meno concentrata sulla regione».
Intanto in Uruguay la disoccupazione è al minimo storico, il 5.8%; c’è stato un aumento dei salari, permane l’obbligo della contrattazione collettiva e il numero di iscritti ai sindacati rimane stabile mentre in tutto il resto del mondo crolla. Esiste il cosiddetto ingreso ciudadano, un reddito di base per i cittadini in condizione di povertà estrema; molti di coloro che lo percepivano hanno volontariamente rifiutato di continuare a riceverlo dopo avere trovato lavoro. Resta molto da fare, sempre secondo Rosario,
«sul versante educativo, dato che nella fascia degli adolescenti c’è molto abbandono scolastico e un tasso del 60% di bocciature, mentre la scuola elementare continua a funzionare molto bene».
Secondo Rosario, quello dell’Uruguay è stato ed è un governo ideologicamente di centrosinistra, «non socialista o comunista», che «sta perdendo l’appoggio della sinistra delusa», cioè di chi si oppone all’estrattivismo, delle organizzazioni sociali femministe e ambientaliste. «Invece il Partido Comunista e il sindacato hanno scommesso fortemente su Vazquez. Sono favorevoli al modello economico, alle miniere a cielo aperto, perché dovrebbero creare lavoro nel paese. La sinistra intellettuale in generale è delusa».
Soprattutto di fronte al fatto che i capitali stranieri stanno diventando i proprietari dell’Uruguay. «I brasiliani sono i padroni di gran parte della terra uruguaiana e, insieme agli argentini, delle aziende di macellazione della carne e delle fabbriche di birra – prosegue Rosario - Siamo di fronte ad un processo di concentrazione della proprietà della terra a favore di capitali stranieri che preoccupa la stessa sinistra Frenteamplista».

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